Eppure in assoluta umiltà io dico che certa cose sono più straordinarie di altre,
e che io sono una di esse.
Caro Visitatore,
oggi ti presento un libro sui generis, Il seno, di P. Roth.
Il contatto con questo romanzo è molto particolare. Dopo aver sentito citare alcuni testi dell’autore in Ho sposato un narciso, di Umberta Telfner, in cui lo stesso Roth viene definito un gran narciso, mi è venuta voglia di leggere i suoi romanzi. Non a caso, lui ha scritto Ho sposato un comunista.,, da da pensare sul rapporto emotivo Telfner-Roth.
Ho stilato una lista di libri da comprare del buon Philip, quand’ecco che a casa ho trovato questo piccolo racconto (finito nella libreria nel traslocare i libri di mia moglie),
potevo non leggerlo? 😉
E’ un testo ai limiti del grottesco, paradossale, eppure geniale. Roth riprende quanto già narrato da Kafka, Gogol’ e Swift, scegliendo di far trasformare il protagonista, il professor Kepesh, in un grosso seno. Grazie a questa invenzione Philip Roth attraversa aspetti della mente e della società che rendono il racconto un punto di partenza per approfondimenti e discussioni.
Ogni senso viene obnubilato, tranne il tatto e l’udito, unici canale di comunicazione col mondo (in questo ricorda alla lontana la ricerca sensoriale di Calvino in Sotto il sole giaguaro), ogni movimento diviene impossibile. Kepesh/Roth può parlare e ascoltare, può provare piacere attraverso il capezzolo, residuo, neanche a dirlo, di ciò che un tempo era il pene.
Attorno a lui il padre, i medici, una devota ragazza che ogni sera lo masturba oralmente per restituirgli un po’ di calore umano e uno psicanalista con cui si aprirà presto uno scontro, nel quale Kepesh, rifiutando di essere realmente diventato un seno, affermerà di essere diventato psicotico e di credere di essere una grossa mammella e di stravolgere ogni cosa a lui detta. L’unica strada per uscire da quella situazione è perciò non accettarla e per questo si convince che tutto sia rimasto perfettamente normale e che lui stia impazzendo.
Diversamente l’autorevole dottor Klinger sosterrà che non v’è alcuna follia e che effettivamente è diventato un seno, tenuto in vita dai dottori. In mezzo il lettore, libero di scegliere a chi credere: al presunto folle o all’assurda realtà dei fatti? Così è (se vi pare), per citare Pirandello.
Lo stile di Roth è veloce, cattura il lettore nelle sue elucubrazioni mentali: perché proprio un seno femminile? Ha qualcosa di non risolto nell’infanzia? Ha letto troppo Kafka, Gogol’ e Swift? La realtà è meravigliosa, la realtà ha più stile (…) Dunque ho fatto il salto. Ho reso la parola carne. Non vede, sono più kafkiano di Kafka. (…) Dopotutto quale artista è più grande quello che immagina la trasformazione meravigliosa o quello che meravigliosamente trasforma se stesso?
Elucubrazioni che si spingono a desiderare che la devota ragazza salga sul suo capezzolo per un rapporto sessuale (Eros) e a entrare in conflitto con l’odiosa idea della morte (Thanatos), da sempre rifuggita. No, è solo che, terrorizzato dall’idea della morte fin dall’età di due anni, mi sono trincerato nel mio odio per essa, ho preso posizione e non posso fare marcia indietro (…) non voglio morire da così tanti anni che non posso certo smetterla da un giorno all’altro.
Al centro un narcisismo che fa confondere Klinger con lo stesso Roth, che utilizza un organo femminile tanto desiderato dall’uomo per mettersi al centro della scena, come in un monologo teatrale dove tutti, proprio tutti, possono osservare una grossa mammella delirare la sua angoscia, urlare sotto i riflettori l’istinto di vita e di morte, stravolgere la coscienza di sé.
E poi mi farò le ragazze; le voglio di dodici, tredici anni, ne voglio tre, quattro, cinque per volta, nude e ridacchianti e voglio che mi lecchino il capezzolo tutte insieme, Le voglio per giornate intere, ragazzine avide e perverse, che mi leccano e mi succhiano finché m va. (…) Poi donne. Ci saranno anche donne che avranno voglia di aprire le cosce a un cazzo nuovo ed eccitante: il mio capezzolo (…) è la Terra delle Opportunità, questa è l’Età dell’Autorealizzazione, e io sono il Seno, e vivrò secondo i miei lumi!
E da buon narciso, Roth non può che incollare il lettore alle sue pagine. Consigliatissimo.