Io sono realmente come mi vede lei – Ma ciò non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua… Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così.
Caro Visitatore,
mi è capitata tra le mani, ereditata da un partigiano di Roma (che non c’è più e a cui va tutto il mio affetto) una pregevole versione dell’opera teatrale Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, nientemeno che con il commento di Antonio Gramsci. Fu distribuita da L’Unità nel 1993.
Naturalmente, regalerò una versione dell’opera a tutti gli iscritti alla mia newsletter (basta inserire il vostro indirizzo mail nel riquadro in alto a sinistra).
Breve riassunto:
Il Signor Ponza e la moglie vivono in periferia, la signora Frola, suocera di Ponza, in un appartamento al centro. Il Signor Ponza impedisce a madre e figlia di incontrarsi; le due donne possono comunicare soltanto con bigliettini che si scambiano per mezzo di un cestino calato da una finestra.
La Signora Frola attribuisce questo comportamento all’amore ossessivo dell’uomo per la moglie, disponibile a far credere a lui di essere pazza pur di compiacerlo.
Il Signor Ponza afferma, invece, che la signora Frola è impazzita, crede che sua figlia, prima moglie del Signor Ponza, sia ancora viva e, di conseguenza, sta scambiando per sua figlia la sua seconda moglie. Questi soltanto per evitare un trauma alla suocera è costretto a impedire l’incontro tra le due donne, mostrandosi a sua volta pazzo di fronte a lei per compiacerla.
La situazione è misteriosa e ingarbugliata; tutti, nella ristretta comunità, la vogliono assolutamente dipanare, e con estrema agitazione. Vogliono soddisfare a tutti i costi quel perverso desiderio di conoscere le verità altrui.
E’ un’opera che meriterebbe una marea di riflessioni, ma mi piace riportarne una in particolare, che spero invogli alla lettura. La visione della verità, rimarcata dallo stesso Pirandello nei panni di Laudisi, forse l’unico dei personaggi che riesce a tradurre in parola i pensieri degli spettatori/lettori, a fronte di tanti personaggi affannati a cercare di scoprire la verità.
Una visione che nega l’esistenza di una verità assoluta e che la getta nel relativismo. E’ inutile cercare “la Verità”: essa non esiste, ma co-esistono in uno stesso istante esistono più verità, anche se apparentemente contraddittorie. Ciascuna è coerente in se stessa. La Verità è un volto velato (come appare la figlia sul finale), non si fa cogliere, regala a ciascuno di noi la sua visione personale (così è, se vi pare).
I due (Ponza e Frola) separatamente sembrano saggissimi, messi a confronto devono risultare in contraddizione, sebbene reciprocamente operino come se veramente uno faccia la commedia per pietà dell’altro. Chi dei due è pazzo? (…) La verità in sé non esiste, la verità non è altro che l’impressione personalissima che ciascun uomo ritrae da un certo fatto. (A. Gramsci)
A ben vedere, Pirandello riporta una questione che ancora oggi passa attraverso la visione assolutistica della Verità (vedi le posizioni della Chiesa e molti degli scritti di Benedetto XVI e di altri papi) e l’opposta visione di relativismo, molto comune tra le scienze. Amava dire Einstein: nulla è assoluto, tutto è relativo, un vecchio sarà contento di aver rotto uno specchio e di avere altri sette anni di vita, piena di guai.
Probabilmente il reale messaggio (ma esiste un reale messaggio? O è il reale messaggio personalissimo che vedo io? 😉 ) che Pirandello ci consegna, tra le righe, è una derisione netta a quella tendenza tipicamente umana, a ficcare il naso tra le verità altrui, senza pensare alle proprie.
Tendenza che nell’opera teatrale, e in molti anfratti di vita reale, appare quanto mai perversa, esagerata, inconcludente. In fondo, abbiamo inventato Facebook per farci gli affari degli altri e portare al mondo social la nostra verità.
Tant’è (sempre se vi pare, eh?)