Caro Visitatore,
un piccolo romanzo di un bravo autore, Oltre gli occhi, di Marco Proietti Mancini, regalatomi da lui stesso dopo l’intervista registrata per Crisalide.
Mattia Deodati è un uomo che ha tutto dalla vita fino a quando il destino non gli porta via ciò che per lui è più importante. Così, decide di privarsi di ogni altra cosa, di tutto ciò che lo lega a una vita che non ha più senso. Parte per un viaggio, oltre ogni logica e schema, una fuga che lo porti il più lontano possibile per provare ad annullare la sua esistenza, sperando di perdere anche i ricordi. La cancellazione di un passato già vissuto attraverso la creazione di una nuova vita basata solo su se stesso. Per farlo dovrà raggiungere un luogo dove non esiste nulla e cambiare tutto di sé, perfino il proprio aspetto, imparare a sopravvivere combattendo contro la natura, vivere di ciò che può produrre e procurarsi solo con le proprie mani. Fino a quando, inattesa, nella sua seconda vita appare una persona che gli restituisce le emozioni ma anche la paura di dipendere da qualcosa che non si può controllare.
Un naufrago della sua vita, ecco cosa diventa Matteo Deodati, nel rifugiarsi in un luogo dove la natura e il mare dominano come protagonisti e l’uomo sembra un essere sconosciuto.
Una piccola capanna abbandonata è l’unica traccia di una presenza prima di lui. Un ritorno alla natura, all’essenziale, in una profonda trasformazione di se stesso che lo porta a mutare aspetto, a diventare irriconoscibile, a farsi sfondo laddove gabbiani, alberi, pesci e uccelli sono figura.
Marco Proietti Mancini affronta la gioia e il dolore più grande che un uomo possa incontrare, inventando un modo originale perché il protagonista possa farvi fronte, attuando una strategia per cancellare l’altro, inteso come affetti, come amicizie, come semplice presenza, un altro che lo isola nel suo dolore, incapace a donargli la forza e il sostegno necessario per affrontarlo. Mattia si isola, ma viene anche isolato. E’ allontanato e dunque si allontana.
Il risultato è una sorta di Robinson Crusoe del nuovo millennio, che riscopre il fare per sopravvivere, la rinuncia all’essenziale, la rinuncia alla relazione, l’immersione totale nella natura. Dato che gli è stato tolto tutto, sembra scegliere lui stesso di privarsi di tutto.
Una gabbia senza ferro, in cui le gabbie erano i pensieri, le angosce e la paura. (…) Non si scappa da una privazione, da una mancanza. Non si evade dal nulla.
E quando la vita gli donerà una nuova relazione umana, sceglierà di mettersi di nuovo in relazione. Non è mai passivo Mattia, trasforma la crisi in nuovo percorso. E la vita sembra non permetterci mai di essere isolati, ci sarà sempre un altro che verrà a perturbarci, improvvisamente, inaspettatamente. Migliorandoci.
Un romanzo originale, drammatico, che fa riscoprire al lettore l’essenziale della vita, il dono della natura, un tempo avremmo detto: i doni di Dio, per citare il cognome di Mattia, Deodati.
Va sottolineato soprattutto lo stile di Marco Proietti Mancini, semplice, lineare, per certi versi persino delicato, con un ritmo che culla il lettore pagina dopo pagina, nonostante gli abissi che Mattia si ritrova ad affrontare, con immagini e concetti di cui prendere nota, da sottolineare e portare nel proprio cuore e nella propria memoria.
Ogni fase della vita di Mattia è tracciata con una centratura particolare alle relazioni, ai piccoli gesti, profumi, sensazioni, che aprono il cuore del lettore alle emozioni che vibrano nelle scene via via narrate. E Marco scompare nei panni di Mattia, c’è il lettore e c’è il protagonista, in una solitudine quasi irreale, che pulsa nei quattro sensi che l’autore sa solleticare… oltre gli occhi.
Buona lettura.