Passiamo metà della vita a deridere ciò in cui gli altri credono,
e l’altra metà a credere in ciò che gli altri deridono.
Caro Visitatore,
al mio penultimo compleanno mi è stato donato, tra i vari libri, Il bar sotto il mare di Stefano Benni. È una raccolta di racconti che, nel migliore stile di Benni, viaggiano nella creatività, che l’autore sa magistralmente applicare in modo esuberante, tanto al contenuto quanto alla forma.
In un bar immaginario, posto sotto il mare, ogni astante deve raccontare la sua storia (perfino le pulci e il cane dove su cui dimorano…!).
I racconti spaziano in ogni genere, horror, avventura, romantico e via dicendo. In alcuni racconti, Benni, gioca letteralmente con le parole, modificandole, sbagliandole di proposito, affidandosi persino alla capacità della mente di sintetizzare un senso preciso al testo, pur con parole palesemente errate.
Ammetto che ci sono racconti che mi hanno coinvolto profondamente (il mio preferito è senza dubbio Il Mistero di Oleron) e racconti che mi hanno annoiato, ma è inevitabile in una raccolta dove il filo conduttore porta il lettore in contesti, temi e generi profondamente diversi tra loro. Vero è che, nonostante i momenti di noia, non posso dire che ci sia stato un racconto che mi abbia lasciato senza una riflessione o senza un’emozione. Credo profondamente che un testo di qualunque tipo abbia il suo valore se è capace di non lasciarti uguale a come ti ha trovato ad inizio lettura. Se ti trasmette una riflessione, una connessione o, ancora meglio, un’emozione, ha un valore profondo.
Benni si rivela sempre più poliedrico. Scompare dietro le diverse voci dei personaggi, e questa è la sua forza più profonda, muta forma, stile, contenuto. E rimane, nella sua creatività, sempre coerente con se stesso. E in questo mutamento, entra in contatto con il lettore in modo sempre diverso, attivando diversi aspetti del Sé. Ecco perché ho utilizzato due sensazioni antitetiche per definire la lettura: coinvolgimento e noia. Tra questi due poli, si trovano tutte le sfumature emotive che Benni riesce a pizzicare con la sua mutevolezza.
Credo che Il bar sotto il mare sia una lezione di stile e di immaginazione in grado di aprire la mente e di toccare più parti di noi. Potrebbe anche essere un ottimo esercizio di autoconoscenza: quali racconti mi coinvolgono di più? Che parti di me attivo maggiormente? Dove mi annoio? Dove risuono? E come mai? Chi porterei a cena tra le varie voci narranti? Chi eviterei? A fine lettura, quali racconti mi sono rimasti dentro? Quali ho rimosso? E come mai?
E, non meno importante, è una lettura di pregio.
Consigliato.
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