Certi sguardi hanno il potere di raccontare storie infinite.
Caro Visitatore,
Ho letto Come un’aquila e un delfino di Claudia Esposito.
Un romanzo delicato, che porta una bellissima visione sistemica per rappresentare storia e personaggi, accuratamente trattati dal punto di vista fisico e caratteriale, con rimandi continui alle loro storie familiari, in un continuo sali-scendi tra passato, presente e futuro.
Perno centrale del romanzo, le relazioni, i legami tra i personaggi, con tutte le emozioni connesse. L’autrice sa concentrare la sua attenzione non solo sui personaggi, ma sulle loro connessioni, su quello spazio tempo che lega un personaggio all’altro. Fa percepire che in ogni rapporto, di qualunque tipo (genitoriale, amicale, amoroso….) si è sempre in tre, c’è l’uno, l’altro e quello spazio e tempo che li lega, che comunemente chiamiamo relazione, un terzo da curare, da coltivare, da rispettare e da guardare per risolvere una crisi o per elaborare un lutto.
Altra potenzialità del romanzo la sua capacità di trasportare in luoghi lontani dall’Italia: Inghilterra, America, Africa. Ogni qual volta un autore o un’autrice porta la sua storia lontano dal suo Paese di origine, mi chiedo se lo abbia visitato realmente, se abbia colto il suo clima, il suo profumo, per portarlo tra le righe del romanzo. Che abbia effettivamente visitato questi Paesi o Continenti o meno, ella è riuscita a tenerli timidi sullo sfondo, lasciando trapelare delicatamente un profumo che si incastona tra le pieghe della storia, rendendo il contesto narrativo verosimile e gradevole.
Non mancano piacevoli metafore, a partire dal titolo. Possono un delfino e un’aquila avere una storia d’amore?
Il tutto rende il romanzo di gradevole lettura, introspettivo, a tratti persino commovente.
I tre limiti principali, a mio avviso sono alcune prolissità, le eccessive anticipazioni e alcune cadute di stile, che purtroppo abbassano la qualità del romanzo.
Le prolissità le troviamo quando il focus narrativo si sposta eccessivamente sulle storie di personaggi secondari, non premiando la sinteticità e talvolta risultando, come movimento, pedante e per certi versi sconveniente per una lettura agile. Sembra un tentativo di allungare il brodo, quando la stessa storia centrale è già ricca di per sé.
Le eccessive anticipazioni sono legate a ciò che accadrà anni dopo, o poche pagine più avanti, che viene comunque ri-narrato dall’autrice. Una sorta di spoiler sulla vita dei personaggi, come se la vita potesse essere prevedibile, scontata. Non è male l’idea di anticipare qualcosa, proprio per creare quel bel sali-scendi tra presente, passato e futuro che citavo a inizio recensione. Ma il troppo, come sempre, storpia e rovina la lettura.
Il terzo limite, come dicevo, è nelle cadute di stile, rare, ma evidenti. Ad un certo punto, all’autrice prende un vero e proprio attacco di congiuntivite. Lo stesso sarebbe accaduto se Brenda invece di proporre alle amiche una serata di popcorn e film, sarebbe (fosse!) andata al cinema come inizialmente era stato deciso. …. se fosse rimasta lì e lo avrebbe (avesse!) riempito di domande, Alan non avrebbe mai preso la macchina.
Oltre a questi passaggi di congiuntivite, non mancano alcune violazioni della consecutio temporum. Un esempio tra i vari: La prima settimana in Ghana fu talmente impegnativa che Arianna non si era resa (rese?) conto del tempo trascorso.
Sono certo che il romanzo abbia delle ottime potenzialità, specie se consideriamo che è auto-pubblicato, ma vada rivisto con un buon editing che elimini gli errori dei tempi verbali e renda l’impalcatura della storia più snella.
Consigliato,
ma occhio ai congiuntivi!
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