Prendi un campione di umani (…) Mettili nel Cammino di Santiago de Compostela, con dieci chili sulle spalle e la consegna di camminare. Camminare e basta (…) Troverai che nel giro di un paio di giorni tutte le convinzioni che avevano, prima di mettersi in marcia crolleranno come donne (…) Troverai che diventeranno uomini e donne, solamente. (…) E scoprirai anche che, dopo dieci giorni fi cammino, non sono più quelli che erano prima. Ma altri.
Caro Visitatore,
Il libro che ti presento oggi rientrerà certamente nella top ten dei libri più belli letti nel 2015. Si intitola Il passo perfetto. Cammino di Santiago, ed è stato scritto da Nicola Artuso.
Prima di tutto devo confessare che ha tradito tutte le aspettative negative che avevo riposto in esso. Quando lo ricevetti a casa dalle edizioni Il prato, pensai a un errore. Ero in attesa di un altro libro e mi era arrivato questo (non ricordandomi minimamente di essermi accordato con due collaboratrici diverse della stessa casa editrice per due testi diversi, ma questa è un’altra storia…).
Così come si presentava , con la copertina gialla con cenni di rosso (i colori che associavo alla giornata mondiale della gioventù di Madrid) e con il palese riferimento al cammino di Santiago, mi dava l’idea di essere un polpettone spiritual cattolico, di trecento e passa pagine. Una roba forse interessante, ma tediosa da morire.
Mi sono bastate tre pagine per capire il mio errore, e mi sono legato completamente al libro. Tanto per citare Artuso, una delle mie menti si è legata al suo testo, attendendo l’intera giornata per tornare a leggerlo ogni sera.
È la ricerca del passo perfetto (Il Passo Perfetto esiste e sta a metà strada tra il movimento e la sua assenza. Il Passo Perfetto è la via di mezzo tra l’andare e il venire dei flussi), è il diario di bordo di un viaggio iniziato quasi per caso, con motivazioni che si scopriranno essere anche più profonde di quanto lo stesso Artuso fosse inizalmente cosciente.
Nonostante l’ateismo di Nicola (Signore, grazie di avermi fatto ateo) c’è una spiritualità profonda che lega oriente e occidente, che in alcuni passaggi va nel profondo del narratore e dell’umanità, alla ricerca di un senso al cammino di Santiago, che diventa indirettamente suggestiva metafora del cammino di vita. Un cammino fatto di solitudine e di incontri, ciascuno dei quali cambia la vita, un cammino fatto di nascita , crescita e morte (Deve succede per forza qualcosa una volta arrivati lì sopra altrimenti che senso avrebbe tutto ciò? Ma il bello di tutta la questione è che puoi verificarlo. Se ci arrivi, puoi verificare).
La visione di uomo che ne esce è splendida.
I collegamenti che sono riuscito a fare con la bioenergetica, con lo Yoga e con la mindfullness mi hanno detto tanto del pensiero di Artuso.
Il ritmo narrativo è incalzante , somiglia al ritmo del passo da tenere per concludere il cammino, fa scomparire “la fatica” dei tanti chilometri (ovvero delle tante pagine) da attraversare.
C’è chi ha definito lo stile di Artuso umoristico, ma non sono d’accordo. Il testo è, sì, pregno di umorismo tipico del nord Italia, ma vedere solo i sorrisi è limitante. Mi piace definirlo un libro emotivo, capace di far ridere e di commuovere, di meravigliare nell’incanto dei paesaggi e di far innervosire. Perché è lo stesso narratore che si dà la libertà di ridere, di piangere e di innervosirsi.
E dona, di conseguenza, la stessa libertà al lettore, che pur non essendo mai citato nel testo, diventa compagno di viaggio prediletto di Nicola Artuso. O, almeno, io mi sono sentito così. 😉
Una resa splendida.
Da sottolineare la meditazione (credo propria dello Yoga) delle ultime pagine, un vero e proprio inno all’armonia.
Fatta eccezione per qualche raro refuso (e un “ma però” nelle ultime pagine che mi ha fatto contorcere lo stomaco), non ho nulla da criticare a questo libro, davvero consigliato a chi voglia mettersi in viaggio, camminare, e dunque riflettere sulla vita. Ottimo libro.
Buon cammino, peregrino!
Utreya!
Se l’articolo ti è piaciuto, regala un like ai miei romanzi: