Caro Visitatore,
Ho conosciuto Oria Gargano, giornalista e presidente della cooperativa Be Free, alla Casa Internazionale delle Donne di Roma per la presentazione del mio romanzo Alina, autobiografia di una schiava, che al suo interno cita il saggio Storie di ponte e di frontiere, della stessa Oria.
Conoscere Oria è uno di quegli avvenimenti che ti cambiano nel profondo, data la sua personalità.
A fine presentazione, Oria mi ha regalato un altro suo libro, La sindrome del sultano: le prostitute nell’impero degli uomini, che oggi voglio commentare.
Edito nel 2003 può apparire già un po’ datato, a fronte di un’economia, anche quella illecita, che corre alla velocità di internet. Eppure contiene spunti di riflessione sulla prostituzione coatta e libera di estrema attualità.
Leggere Oria porta a comprendere anche i pregiudizi più profondi che la cultura ci radica dentro, a farci i conti, a liberarsene.
Non è un saggio che ti lascia uguale a come ti ha trovato, perché sa parlare di ciò che ci circonda senza posizioni aprioristiche, tranne una ferma condanna alla prostituzione coatta, alla violenza di genere di cui è espressione, a certi femminismi che vedono la prostituzione scelta come la massima espressione della libertà della donna (quando è l’esatto opposto).
Non so se Oria abbia mai letto il mio romanzo, certo è che se io avessi letto il suo saggio prima di pubblicare Alina, alcune posizioni della prefazione sarebbero state diverse.
Ad esempio, ho scritto: Ritengo poi che, se aveva ragione Freud a ipotizzare che i due grandi motori della nostra esistenza sono l’Eros e il Thanatos, l’istinto di vita e di morte, allora il ricorso alla sessualità è utile per soffocare l’aggressività sociale. Cosa accadrebbe se le persone non potessero esprimere la loro libido e, in un certo qual modo, le loro perversioni? Probabilmente avremmo un aumento delle violenze sessuali e dell’aggressività più in generale. Eros e Thanatos si contrastano a vicenda.
Ebbene, la sindrome del sultano mi ha mostrato la base culturale orrida di questa affermazione. L’idea che l’uomo non possa fare a meno di un sesso autoreferenziale e finalizzato al mero piacere, e che per la salvaguardia di molte donne, cosiddette per bene, possano essere offerte in olocausto altre donne. Lo stesso olocausto che, paradossalmente, cito e condanno nel mio romanzo.
O ancora (questo per fortuna non l’ho scritto!) l’idea che la prostituzione sia il mestiere più antico del mondo.
È una falsa credenza. La caccia e la produzione di utensili sono i mestieri più antichi del mondo, non certo la prostituzione, dal momento che gli studi sul paleolitico dimostrano che le donne erano venerate come punto di contatto tra uomo e divinità, grazie al dono della procreazione.
La prostituzione i nostri antenati simil scimmie neanche la conoscevano. Essa nasce con la civiltà, il cui sviluppo per la donna non è mai dato, giacché ad ogni conquista storica segue una perdita di un diritto e una regolamentazione della prostituzione. Fu così nella Grecia di Solone, nell’antica Roma, nel ‘300, nel ‘600, nell’Unità d’Italia con l’ambiguo Cavour. Oria consegna una disamina storica davvero accattivante.
Ecco come ho scoperto che nessuno di noi, per quanto si impegni e si informi su una tematica, è scevro da pregiudizi che la cultura ha reso silenti dentro di noi.
Nella mia personale formazione Oria Gargano ha posto un tassello notevole e consiglio la lettura de La sindrome del sultano a chiunque voglia comprendere a fondo la problematica della prostituzione, le sue radici forti, le sue possibili soluzioni.
Mi piace chiudere con un ringraziamento a Oria e alla cooperativa Be Free, non solo per quello che mi hanno e mi stanno insegnando, ma per il loro enorme lavoro contro la violenza di genere, un ringraziamento da uomo, da cittadino, da italiano.
Grazie!
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