una delle mie convinzioni è che, quando si legge una serie, è difficile che il secondo libro sia all’altezza del primo. Solitamente è meno coinvolgente, meno innovativo, è una semplice prosecuzione, specie quando la serie è composta da più libri…
Poi però arriva Anita Borriello e distrugge questo tuo convincimento, pubblicando Indigo.
La lotta fra bene e male continua in questo secondo volume della saga esoterica Brûlant.
La congrega dovrà nuovamente affrontare le Zeussites per salvare l’anima dell’Archetipo, l’essere ancestrale che migliorerà il genere umano con le sue conoscenze.
Il percorso iniziatico di Christian procede con estrema difficoltà, ma come gli dicono spesso le Brûlant: “nulla avviene per caso”.
Dopo aver recensito Brulant, ho scelto di leggere e recensire anche Indigo. Questa volta (spesso lo racconto: leggendolo in e-book su un aereo, sono stato cazziato da un hostess che mi ha imposto di spegnere il lettore…), per evitare altri presunti dirottamenti aerei ho deciso di prenderlo in cartaceo e leggermelo sul letto (o al massimo in treno…). Per rispettare la tradizione, ho scelto di leggermelo ad Aprile, come avvenuto lo scorso anno per Brulant.
Okay, chiarite queste mie ossessive ritualità, veniamo al romanzo.
Stile ineccepibile, anzi, direi che rispetto a Brulant, Anita è cresciuta molto. Indigo è molto più fluido e scorrevole rispetto al primo romanzo (che già lo era di suo, quindi pensa che miglioramento!). E’ palpabile la stessa caratteristica che avevo notato già in Brulant: essendo un romanzo esoterico, non è semplice per il lettore avvicinarsi a delle teorie sul mondo e sulla vita che esistono realmente (e, in particola, sui bambini indaco esiste una ricca bibliografia, citata da Anita), specie quando hai teorie e modi di vedere del tutto diversi, come me. Anita, però, ancora una volta prende per mano il lettore e fa fare un gradino ulteriore in questo percorso iniziatico.
Nelle prime pagine riprende quanto avvenuto in Brulant, cosicché non ho mai avuto bisogno di riprenderlo in mano per ricordarmi situazioni, personaggi ed episodi già letti. Cambia il punto di vista: se prima la narrazione, sempre in prima persona, apparteneva a Brigitte e Christian, questa volta i narranti sono Michelle e lo stesso Christian (con il rispetto dell’altenanza del punto di vista maschile e femminile, da me molto apprezzato).
E attraverso gli occhi dei protagonisti si aggiungono dei tasselli al passato e al presente dei personaggi della vicenda, e molto si scopre su Brigitte, sulla sua infanzia e sulle sue vite precedenti.
Molto spazio è dato, in verità, all’approfondimento dei riti delle Brulant, della loro storia, delle vicende dei singoli personaggi. Il qui ed ora dell’azione, pur non mancando, è maggiormente sacrificato rispetto al primo libro. L’azione è più veloce, e si risolve in poco tempo. Ecco, una piccola critica, avrei preferito un’azione maggiore ed essere maggiormente coinvolto, emotivamente, nella sparizione della piccola bambina Indigo, Rebecca. La perfezione sarebbe stata nella compresenza bilanciata tra Azione, Pathos e Approfondimento. Sarebbe venuto forse più lungo, ma ne sarebbe valsa la pena. Chissà il terzo?
Il resto è apprezzabile e appartiene allo stile di Anita: ottime citazioni ad inizio di ogni capitolo, un punto di vista narrativo che avvicina il lettore alle perplessità di Christian, che nonostante la sua specialità, è novizio quanto il lettore e spesso traduce in parole il pensiero di chi legge. E, notevole, una bella ironia che rende agile la lettura.
Il finale? Lascia in sospeso tutto… e quindi mi toccherà passare un altro anno a sollecitare Anita Borriello a pubblicare il terzo romanzo. Che fatica essere suoi lettori… 😀