Caro Visitatore,
qualche giorno fa, si è tenuta a Roma una via crucis, organizzata dalla comunità Papa Giovanni XXIII, di solidarietà e preghiera in favore delle giovani donne vittime di tratta, prostituzione coatta e violenza.
La comunità si è spesa molto in questi anni per salvare dal marciapiede e dalla violenza giovani donne, che sembravano ormai avere il loro destino segnato da percosse, schiavitù, umiliazione.
Potevo mancare, io che ho scritto un libro che spero apra gli occhi sulla prostituzione?
Se non ci fosse la domanda, scrive Don Benzi, non ci sarebbe l’offerta. Se gli italiani non chiedessero prestazioni sessuali a pagamento, non ci sarebbe la tratta delle donne che vengono schiavizzate e forzate, da criminali singoli o associati, a dare le prestazioni sessuali richieste.
La prostituzione è un tema che riguarda tutti noi, e non basta rifiutarsi di pagare una giovane sul marciapiede. Serve qualcosa di più, serve un impegno alla legalità e alla solidarietà. Serve non voltare lo sguardo.
E l’altro giorno, in molti sembriamo averlo capito, riempiendo le strade romane con la preghiera. Lo hanno capito i cittadini e le cittadine di Roma (quanta gente che conoscevo ho incontrato!), lo hanno capito rappresentanti del mondo politico (ministri del governo e assessori della Capitale), lo hanno capito le donne del mondo della magistratura, del giornalismo, dello spettacolo, che si sono addossate simbolicamente la croce portata dalle schiave di strada.
Forse qualcosa sta cambiando, forse non voltiamo più lo sguardo. E, forse, finalmente sta diventando una tematica che coinvolge e vede fianco a fianco uomini e donne, istituzioni e cittadini, Chiesa e movimenti sociali.
Vedi, io sono convinto che anche questa sia politica, nel reale senso della parola: il pensare alla polis, al bene comune, che coinvolge anche l’emarginato, l’ultimo, le vittime della schiavitù, nella misura in cui, i problemi degli altri sono uguali ai miei, sortirne da soli è avarizia, sortirne insieme è politica (Don Milani).
Come puoi vedere dalla foto a destra, io sono stato lì a pregare e a dare il mio sostegno e solidarietà (sono il punto nero a sinistra, che guarda la croce passare).
E voglio riportare qui sotto la testimonianza delle vittime di schiavitù, che nel leggerla mi ha ricordato Alina, autobiografia di una schiava, mi ha ricordato le tante testimonianze ascoltate prima di scrivere il romanzo. C’è una similarità disarmante nelle storie narrate, nelle emozioni vissute, nello squallore che l’uomo sa provocare. Una similarità che coinvolge donne diverse, con la loro intimità ed emotività personale, con la loro unicità. Donne diverse, una storia molto simile: non è il risultato di un tentativo di annullare l’umanità di una donna, di abbrutirla fino a renderla un oggetto di strada, con un destino e una funzione unica?
Per trenta denari sono stata venduta… ingannata dalle persone a me più vicine… sono stata comprata e consegnata ai miei aguzzini, mi hanno tradita e abbandonata nelle mani dei briganti. Sono ormai prigioniera della loro sete di guadagno e di potere… ormai più nessuno mi verrà a salvare!
Condannata sulla strada dell’ingiustizia, maltrattata dai protettori, dai magnaccia e dai clienti. Per tanti giorni, mesi, anni… umiliata e percossa senza potermi difendere. Nessuno mi ha compresa… io sono rimasta la prostituta da colpire… giudicare e condannare senza essere compresa.
Rinnegata sempre da chiunque. Ormai più nessuno mi conosce specialmente dopo essere stata usata. Nessuno deve più preoccuparsi per me e del mio destino… io sono per questa società “un nessuno”… Cambiare nome ogni notte, raccontare qualsiasi menzogna o addirittura chiedere aiuto… non cambierà mai nulla… Sono respinta e rinnegata come un rifiuto… senza speranza.
Sono stremata e sfinita… basta… basta… qualcuno mi aiuti, datemi qualcosa almeno per pulire il mio sudicio volto… sputata e disprezzata, trattata come un animale, giorno e notte oltraggiata e violentata… qualcuno abbia pietà di me… almeno tu, donna, sorella, madre… io ti appartengo… tu potresti comprendermi… vieni in mio aiuto.
Nella strada del dolore e della ripetuta violenza penso a mia mamma e alle mie sorelle… se sapessero dove mi trovo e se immaginassero in quale disgrazia sono capitata. Loto, le persone a me più care, quelle per ci mi sono allontanata per cercare un lavoro al fine di poterli aiutare e risollevare, se solo potessi riabbracciare e piangere con loro…
Dio mio! Dio mio! Perché mi hai abbandonata? Dio mio! Dio mio! Perché abbandoni tutte noi su queste strade infernali? Liberaci da questa morte, fai qualcosa. Fate qualcosa, tutti, per noi.
Noi non possiamo più restare sedute di fronte a una tomba vuota. Nel sepolcro non c’è vita, nel vendersi e comprare un corpo vuoto, c’è solo abisso e dolore. Forse… quel prete incontrato l’altra sera mi potrà veramente aiutare. Mi ah detto che Dio è amore, e che Lui prima o poi ascolta le nostre preghiere. Mi voglio fidare, è un vecchio sacerdote… con un grande sorriso.