Caro Visitatore,
Potremmo riassumere questo film con tre parole.
Sesso, droga, soldi.
Al variare del minuto della proiezione, cambia l’ordine dei contenuti.
Soldi, droga, sesso. Droga, sesso, soldi…
Altro? Sì, una moraletta finale offuscata da ore e ore di mito dell’uomo animale e della misoginia. E una rappresentazione degli italiani come festaioli del terzo mondo (una riflessione su come ci vedono all’estero facciamola…) sulle note di Gloria di Umberto Tozzi.
C’è chi lo definisce semplicemente misogino e in effetti l’immagine della donna che ne esce è terribile: un oggetto per dare piacere.
Ma non è che il maschio ne esca meglio: un animale che vive di istinto e pulsioni primarie. Il termine più utile, forse, è misantropo, nella sua dimensione di disprezzo totalizzante.
L’unica donna dotata di intelletto scompare ad inizio film. L’unico uomo con un minimo di dignità è rappresentato sul finale in una decadente immagine metropolitana.
Un Di Caprio divertente e bravissimo, forse l’unico pezzo di valore e motivo per vedere il film è la sua recitazione.
Un sesso stereotipato e ripetitivo, per svuotare le palle dei personaggi e ammosciare quelle degli spettatori.