Avete un’idea di quanti libri si pubblicano sulle donne in un anno?
Avete idea di quanti di questi libri sono scritti da uomini?
Sapete di essere, forse, l’animale più discusso dell’universo?
V. Woolf
Caro Visitatore,
Parto da questa frase per condividere con te una delle mie ultime letture, Una stanza tutta per sé, di Virginia Woolf. Purtroppo non ho una versione in pdf da regalarti questa volta, dunque dovrai accontentarti di un link di acquisto, ho infatti trovato il link dell’edizione cartacea a 0,99 euro. E di chi poteva essere se non della Newton&Compton? Beh, io l’avevo cartaceo in tutt’altra edizione. Su Amazon lo si trova addirittura scontato a 0,84 centesimi… O.o
Ad ogni modo, se non conosci la storia e la bibliografia della Woolf, ti consiglio di fare una piccola ricerchina in rete, perché c’è tanto da scoprire 🙂
Dopo aver letto questo saggio, mi sono convinto che non possa esistere persona che si possa definire femminista senza averlo quantomeno sfogliato.
Il fil rouge che lega tutto il saggio è il rapporto tra donne e il romanzo, l’autrice infatti tenne due conferenze in merito a Oxford e Cambridge, analizzando il rapporto tra la donna e la scrittura nel corso dei secoli e fornendo una ricchissima rassegna di letteratura e saggistica in merito. La conclusione, ma anche l’inizio del suo pensiero, è la seguente: perché una donna possa scrivere, necessita di soldi e di una stanza tutta per sé. Due elementi scontati per gli uomini, nella maggior parte dei casi, ardue da ottenere per le donne.
Talvolta affronterà la tematica in modo più saggistico, talvolta in modo romanzato, come nelle prime pagine, dove afferma un pensiero che spesso tocca la mente degli scrittori. Inutile dire che niente di ciò che vi racconterò è vero (…) Dalle mie labbra udirete una serie di bugie, ma forse c’è tra di esse una qualche verità nascosta: tocca a voi cercare questa verità e decidere se, almeno in parte, essa merita di essere ricordata. Quanti di voi autori, emergenti e non, si ritrova in questa frase? 😉
Faccio una piccola chiosa. Nella parte romanzata, il talento di Virginia è incredibile, a me ha molto colpito la sua descrizione del tramonto: Era quel momento fra le due luci, quando i colori vengono intensificati e il porpora e l’oro bruciano sui tetti delle finestre come il battito di un cuore eccitabile; quando chissà perché la bellezza del mondo rivelato, e che tuttavia dovrà tra poco scomparire (…) ha due tagli, uno di gioia, l’altro di angoscia, che ci dividono il cuore.
Uno dei primi pensieri dell’autrice è richiamato dalla frase che ho messo come citazione ad inizio articolo. Virginia nota come la donna attrae anche i piacevoli saggisti, i romanzieri dal tocco leggero, i giovani che hanno preso la laurea in lettere; altri che non hanno alcun titolo apparente tranne quello di non essere donne. Viceversa, le donne non scrivono libri sugli uomini. Quanto sarà cambiata o immutata la situazione oggi? Io ehm… ho scritto un libro su una donna e sono uomo… e mi è venuta spontanea la stessa domanda che pone Virginia: Perché le donne sono assai più interessanti degli uomini di quanto gli uomini possano essere interessanti per le donne? (…) Goethe le onorava; Mussolini le disprezza. Ovunque si volge lo sguardo, gli uomini stanno pensando alle donne, e pensano cose diverse. Tu, caro visitatore, sai risponderci?
Ecco una bella domanda e mi viene in mente un gioco. Porrò la stessa domanda sulla prossima newsletter. A chi mi darà la risposta più bella, sempre che ci sia una risposta, inverò a casa in regalo il libro della Woolf. Perciò iscriviti e inviami in risposta il tuo commento, sono proprio curioso di conoscerlo 🙂
Virginia una sua risposta la dà, non so se ne fosse consapevole, ma sembra quasi descrivere l’uomo Narciso: Per secoli le donne sono state gli specchi magici e deliziosi in cui si rifletteva la figura dell’uomo, raddoppiata. Senza questa facoltà, la terra probabilmente sarebbe ancora giungla e palude. Tutte le glorie delle nostre guerre non sarebbero esistite (…) questi specchi sono indispensabili a ogni azione violenta ed eroica. Perciò Napoleone e Mussolini insistono così enfaticamente sull’inferiorità delle donne, perché se queste fossero inferiori, non servirebbero più a raddoppiare gli uomini. Per questo gli uomini scrivono di donne e non sopportano la critica delle stesse. Giacché se la donna comincia a dire la verità, scrive Virginia, la figura dello specchio rimpicciolisce; l’uomo diventa meno adatto alla vita.
L’uomo Narciso sicuramente, aggiungerei io, e lei sembra confermarmi questa idea: La visione dello specchio è per loro immensamente importante, perché carica la loro vitalità; stimola il loro sistema nervoso. Se gliela togliete, l’uomo può morire, come il cocainomane privato della droga. Non assocerei dunque questa immagine a tutti gli uomini, dunque, ma ai narcisi sicuramente, difatti cita due uomini come Napoleone e Mussolini, che di narcisismo soffrivano. Chissà che direbbe oggi di Berlusconi? 😉
Dopo queste riflessioni iniziali, si entra nel vivo del saggio della Woolf. Inizia una carrellata sul rapporto della donna con la scrittura e non possono mancare cenni sulla situazione sociale della donna.
Permettimi un’altra piccola chiosa, perché una citazione in particolare mi ha colpito. Virginia parla di un saggio di Travelyan, Storia di Inghilterra e cita questo passo, riferito al 1470: Picchiare la moglie era un diritto riconosciuto all’uomo e messo in pratica, senza vergogna, dai maschi di tutte le classi sociali. Dato che è da poco passata la giornata contro la violenza sulle donne, mi viene quasi spontaneo un collegamento tra le due cose, e mi viene da pensare che l’uomo che picchia una donna è rimasto ad una mentalità medioevale. È praticamente un pirla bloccato a più di seicento anni fa… Questo dimostra la teoria sull’evoluzione di Darwin non funziona ugualmente per tutti… Fine della chiosa, chi ha orecchie per intendere, intenda.
Proseguendo nella sua analisi del rapporto tra donna e scrittura (anche se lei parla in realtà di donna e romanzo), Virginia nota tristemente come non si sappia niente della donna autrice prima del settecento. E inizia una delle pagine passate alla storia, quella sulla sorella di Shakespeare, personaggio da lei inventato. In breve (ma leggiti il passo perché è geniale) se Shakespeare avesse avuto una sorella, ella avrebbe avuto il suo stesso talento, ma nessuno l’avrebbe fatta studiare, sarebbe finita in sposa (con promesse, minacce e botte) al partito migliore.
Quanto dunque ci siamo persi nella storia del talento femminile? Scrive Virginia: Ogni volta che trovo un accenno a una strega buttata nel fiume, a una donna in balia degli spiriti (…) persino all’esistenza di una madre di qualche uomo notevole, mi sembra di essere sulle tracce di un romanziere mancato, di una poetessa costretta a tacere, di una Jane Austen senza gloria.
Mi viene quasi da pensare che come uomini oggi abbiamo un debito con le donne, che ci vorranno secoli per ripagare.
C’è un altro passo che mi colpisce: scrivere un’opera di genio è quasi sempre un’impresa di prodigiosa difficoltà. Tutto sembra opporsi alla possibilità che il lavoro venga fuori bello e intero, come era stato concepito nella mente dello scrittore. Di solito le circostanze materiali vi si oppongono. I cani abbaiano, la gente interrompe; bisogna far soldi; la salute non regge. Oltre a queste difficoltà c’è la notoria indifferenza del mondo. Esso non chiede alla gente di scrivere poesie, romanzi e libri di storia; non ne ha alcun bisogno. (…) L’indifferenza del mondo, che tanto faceva soffrire Keats e Flaubert e altri uomini di genio, per la donna non era già indifferenza bensì ostilità.
Quanto è cambiata la situazione oggi? Se uomo e donna scrittori e scrittici hanno queste difficoltà, quanto oggi l’uomo ha ancora più possibilità della donna di trovare una stanza tutta per sé in cui rifugiarsi e scrivere? E mi vengono in mente tutte quelle donne intervistate su Radiovortice, autrici emergenti, che scrivono di notte, perché di giorno, tra compiti dis-equamente divisi in casa e figli da allevare, non riescono a trovare neanche un angolo di stanza tutto per loro e per i loro libri (per non parlare delle donne che fanno politica!).
Avete mai notato, come nota la Woolf, che spesso i libri delle donne sono più brevi di quelli degli uomini? Più è breve il lavoro, infatti, meno si avranno interruzioni. E ogni passione artistica di una donna è piena di interruzioni.
Ecco un altro debito per l’uomo: perché se un tempo la disparità era visibile e brutale, oggi rischia di essere subdola e per questo ancora più pericolosa. Il debito storico che abbiamo verso la donna, può essere ripagato solo creandole una stanza tutta per lei.
E non dimentichiamo che è da questo aiuto materiale che dipende la libertà intellettuale della donna. Citando ancora Virginia: la libertà intellettuale dipende da cose materiali (…) E le donne sono sempre state povere (…) dagli inizi dei tempi. Le donne hanno avuto meno libertà intellettuale di quanta non ne avessero i figli degli schiavi ateniesi. Costruire una stanza tutta per loro, significa ri-equilibrare i compiti di vita, specie tra le mura domestiche.
Per far ciò occorre superare quel complesso maschile che nota Virginia, e che oggi permane nella società, quello di dimostrare non tanto che la donna è inferiore, ma che l’uomo è superiore, un complesso ben più pericoloso, che porta a una disparità, per l’appunto, più subdola e non dichiarata, ma drammaticamente presente.
E se scorriamo le pagine della Woolf diventa più interessante vedere lo spettacolo dell’opposizione degli uomini all’emancipazione delle donne, che l’emancipazione stessa.
Qui mi taccio, molto ci sarebbe ancora da dire, perché emergono le varie sfaccettature brillanti di Virginia Woolf, come lettrice, come recensionista, come donna, come scrittrice e come persona. Ma per il momento, ho voluto riflettere sul filo rosso che lega tutte le tantissime sottolineature che ho fatto a questo saggio, che ho praticamente divorato. E per riflettere sul debito che ancora oggi l’uomo ha con la donna e su quanto occorra che esso lavori per aiutarla superare la disparità, aiutandola a costruire una stanza tutta per lei.
La fortuna è che se non lo faremo, il pensiero femminile si imporrà comunque, perché immensa la forza delle donne, come mostra questo ultimo passo di Virginia che ti cito: chiudete tutte le biblioteche, se volete; ma non potete mettere alcun cancello, alcun catenaccio, alcun lucchetto alla libertà del mio pensiero.
PS, attendo tue in risposta alla prossima newsletter di lunedì: iscriviti e potrai vincere il libro di Virginia Woolf, se la tua risposta alla mia domanda sarà la più bella. 😉
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