Caro Visitatore,
oggi condivido con te un classico, nato dalla penna di Dostoevskij: Le notti bianche, che insieme a Delitto e castigo penso sia una delle opere più lette e amate dell’autore. Naturalmente lo invierò in regalo nella prossima newsletter e dopo Calvino, Pirandello e Schnitzler è il quarto regalo che invio. 😀
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Sull’autore, puoi trovare una miriade di informazioni in rete, io ti segnalo questo blog,che contiene spunti molto interessanti e di livello, e mi limito a citare una sua frase, trovata nella prefazione al testo. Fedor la scrisse in una lettera al padre a soli 18 anni. L’uomo è un mistero. Un mistero che bisogna risolvere, e se trascorrerai tutta la vita cercando di risolverlo, non dire che hai perso tempo; io studio questo mistero perché voglio essere un uomo. Penso sia un vero inno alla ricerca dell’altro, a me ha colpito molto.
Ho letto questo romanzo in versione cartacea, edita dalla Newton & Compton e pagata al prezzo di un caffè, 0,99 centesimi…!
Fedor si trasforma in un sognatore, che vive la sua esistenza tra mille fantasticherie, interrotte per un breve lasso di tempo (quattro notti, per la precisione) dalla dolce Nasten’ka. Il testo si apre con una deliziosa, seppur malinconica, descrizione di San Pietroburgo, delle sue strade e dei suoi palazzi, che sembrano quasi diventare umani attraverso gli occhi del sognatore, come rivela questo passo:
E conosco bene anche tutte le case. Quando cammino pare che ciascuna di esse mi venga incontro lungo la strada, mi guardi da ogni finestra e mi dica: «Buongiorno; come va la salute? Io, grazie a Dio, sto bene e nel mese di maggio mi aggiungeranno un piano». Oppure: «Come state? Quanto a me da domani dovrò essere restaurata». Oppure: «Per poco non sono andata a fuoco e mi sono presa uno spavento!» e altre cose del genere.
Quanta solitudine c’è nella vita di un uomo che nell’immobilità dei palazzi cerca una relazione vagamente umana? Il sogno diventa un rifugio di fantasia, per sfuggire a una vita solitaria, diviene un ricettacolo che sostituisce una realtà che il protagonista sembra non accettare. Mi è sembrato avere contemporaneamente il dolce profumo dell’infinito e l’odore di chiuso di una prigione. Scrive Dostoevskij: anche a casa ero depresso. Per due sere cercai di capire. Cosa mi manca nel mio angolo? Perché era così difficile restarvi?
La domanda dunque è cosa ho perso? Una delle prime da porsi, in caso di depressione. E il protagonista de Le notti bianche è melanconico e depresso, cerca consolazione e chissà cos’altro nella sua fantasia: Un nuovo sogno – una nuova felicità! Una nuova dose di veleno raffinato e lussurioso! Oh, che ha a che fare con la nostra vita reale!
Tutto il testo è narrato in prima persona, ma il protagonista usa la terza persona singolare per descrivere la sua sofferenza, l’assenza di calore umano e la vuotezza che connotano la sua vita, in breve la sua depressione e conseguente fuga nel sogno: E il sognatore fruga invano, come nella cenere, nei suoi vecchi sogni, cercando in quella cenere almeno una scintilla, per soffiarci sopra, per scaldare al fuoco rinnovato un cuore ormai freddo, e ridestare in esso tutto ciò che prima gli era caro, che toccava l’anima, che faceva ribollire il sangue, che strappava le lacrime dagli occhi e ingannava tanto magnificamente!
La poesia che Dostoevskij trasmette in quella prima notte stellata che il lettore incontra, è incantevole. Il cielo era un cielo così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi: è mai possibile che esistano sotto un simile cielo persone irritate e capricciose? Bella domanda, caro Fedor, hai tanta tanta ragione… e fai bene ad aggiungere che Questa pure è una domanda giovane, caro lettore, molto giovane, ma che il lettore la mandi più spesso alla vostra anima!
Nasten’ka capita quasi all’improvviso, quando il sognatore la salva da un molesto passante. La sua presenza interrompe il suo continuo e malinconico viaggio con la mente [… perché Dio vi ha mandato a me, mio buon angelo (…) e cos’altro potrò sognare, quando sono stato nella realtà tanto felice accanto a voi?]. Il sognatore si professa amico, ma è cotto di Nasten’ka, anche se appare più innamorato dell’idea di avere il calore di una presenza umana, non più vacua come i suoi sogni. Quanto rendono meravigliosa una persona la gioia e la felicità! Come ferve un cuore innamorato! Sembra che tu voglia riversare tutto il tuo cuore in un altro cuore, vuoi che tutto sia allegro, che tutto rida!
Chissà perché questa scelta della terza persona? Chissà se Dostoevskij non parlasse piuttosto della sua solitudine?
Saltuariamente si dice felice, tanto che gli sembra di essere in Italia… Sarebbe interessante vedere come oggi Dostoevskij giudicherebbe il nostro Paese, se ancora l’assocerebbe all’immagine della felicità! O.o
Nel dialogo notturno tra i due, il protagonista sembra tornare all’adolescenza, all’epoca in cui ci si strugge per il primo amore, in cui si ama, ma non si confessa, in cui si maschera con l'”amicizia” un sentimento più profondo.
Mi è sembrato che in qualche tratto il protagonista fosse eccessivamente patetico, probabilmente fu una cosa voluta dallo stesso Dostoevskij.
Un romanzo indubbiamente da leggere, breve ma ricco di emozioni e di pathos, come emerge dai molti dialoghi in cui i protagonisti spesso ripetono più volte una frase carica di emozione: Che fare, che fare? o Ah, mio Dio, mio Dio! (il romanzo è pieno di simili ripetizioni emotive).
Il finale, ovviamente, non te lo svelo, anche se è abbastanza prevedibile. Lascio che sia tu stesso a scoprirlo dalla lettura che lunedì ti invierò in dono 😉
Ti lascio con tre interrogativi, che il romanzo stesso mi ha posto e che pongo a te:
Quanto utilizzi i sogni e le fantasticherie per evadere dalla realtà o quanto costituiscono piuttosto un rifugio obbligato?
Nella tua vita li usi come risorse per vivere meglio o sono prigioni dove ti chiudi?
E la persona che ti è accanto è un qualcuno con cui condividere i tuoi viaggi mentali o un elemento di disturbo al vagabondare della tua mente?
Dalle risposte, possiamo capire quanto il fantasticare sia per noi risorsa o ostacolo. Quanto stiamo arricchendo la nostra realtà con la fantasia o quanto ci stiamo perdendo della bellezza del reale per chiuderci in un pensiero.
Buona lettura e buona riflessione 😉