oggi voglio presentarti la recensione di romanzo molto appetibile, nato dalla proficua penna di Giuseppe Di Costanzo, professore di filosofia all’università di Napoli. Si tratta di Tutto tranne l’amore, un’opera davvero apprezzabile sia per i contenuti sia per lo stile con cui è scritto, particolarità che lo rendono originale e da non perdere.
Non mi dilungo sulla storia, quella lascio che sia tu a leggerla, perché in una recensione non val la pena di narrare gli accadimenti, altrimenti si toglie al potenziale lettore l’opportunità di scoprirli.
Ti citerò le tematiche che affronta, che come ho detto contribuiscono a renderla originale.
Primo tra tutti, l’omosessualità e la prostituzione omosessuale femminile. Il primo è spesso toccato dalla letteratura, il secondo direi in buona parte trascurato.
Ritenendo che l’autore si sia ben documentato, prima di stendere l’opera, si scoprono molte cose interessanti sulla prostituzione omosessuale, sia in Italia che in altri Paesi, dove il meretricio è tollerato, come in Svizzera. Si scopre l’esistenza di Club femminili dove vi sono prostitute a pagamento, si scopre la realtà che spesso coinvolge tante ragazze dell’est Europa. Ragazze come Christina, la protagonista romena del romanzo.
Ma la vera carta vincente è il talento narrativo di Di Costanzo e la forma scelta per la narrazione. La storia è un susseguirsi continuo di dialoghi tra i personaggi coinvolti. Non troverai la descrizione di un luogo o di un contesto, o di un tempo preciso. Tutto è narrato attraverso i dialoghi dei personaggi, sia nel qui ed ora dell’azione, sia nel là e allora di eventi passati legati alla storia. Una sorta di messa in scena teatrale, che sfugge però alle stesse regole dei testi del teatro.
È una scelta che ammiro molto e per nulla facile da stendere su delle pagine bianche. Occorre trovare le giuste parole per far parlare i personaggi, occorre rispettare un ritmo dialogico che riesca a far comprendere al lettore chi sta parlando con chi. Perché il lettore stesso è privo di quei segnali guida che si trovano tipicamente in un romanzo (il classico “Christina disse… e allora Eva rispose”). E non solo, occorre narrare gli accadimenti per bocca dei personaggi, come resoconti su quanto è accaduto a loro e ad altri, e un “racconto raccontato”, perdonami la cacofonia, rischia spesso di risultare noioso.
Prova a stendere un’opera del tutto dialogata, scoprirai la difficoltà. Qui il talento di Di Costanzo, che dimostra di saper giocare con le parole e di sapersi fare personaggio, di saper donare al lettore la scena, lasciando che si svolga davanti ai suoi occhi, grazie ai dialoghi dei personaggi. E ti senti avvolto dalla stessa, come in un teatro dove le emozioni e il narrato sono protagonisti.
Riesce a consegnare una storia che affronta temi delicati come la morte, la prostituzione e l’omosessualità, rinunciando al punto di vista dell’autore e al suo giudizio di valore. Ogni valutazione è fatta dai personaggi e diventa dunque dei personaggi. Giuseppe scompare in uno sfondo lontano, impercettibile, rimangono solo il lettore, i protagonisti e le loro soggettività.
E il lettore non si perde tra i dialoghi, pur in assenza dei già citati “segnali stradali” narrativi che facilitano la lettura di un testo.
Ultimo punto di forza, è il riferimento a Nietzsche. Cito un passaggio della quarta di copertina: Il romanzo si apre alla vita, scardinandone gli inganni sbriciolandone le maschere, organizzando il caos, per dirla con Nietzsche, che ognuno di noi si porta dentro.
Io forse ho avuto la fortuna in più, ho sentito Giuseppe parlarmi di persona di Nietzsche, quando mi ha regalato il suo testo. Oltre ad aver scoperto un filosofo su cui ci sono tanti, troppi, pregiudizi (per sfatarne qualcuno ti consiglio caldamente questo video della mia amica Ilaria), ho potuto scoprire come Giuseppe non sia solo uno studioso di Nietzsche. C’è un vero e proprio rapporto di pura ammirazione, chiaramente percepibile dallo scintillio che ho visto nei occhi mentre mi parlava del filosofo.
Sai, io ho una piccola tradizione personale. Leggo molto, in viaggio, in metro, ovunque. Ma la sera, steso sul letto, dedico il momento più rilassante della giornata ai classici, che non possono mancare nella mia bibliografia. La sera si legge Calvino, Dostoevskij, Pirandello, Schnitzler e via dicendo. Non c’è spazio per gli emergenti.
Con Di Costanzo ho fatto un’eccezione, per come mi era stato presentato il testo da terzi, per quello che mi ispirava il romanzo (molto vicino a un testo che ho appena finito di scrivere), per la luce che ho visto negli occhi di Giuseppe mentre mi parlava di Nietzsche, per i tanti testi che ha pubblicato fino ad ora. Non ho errato. Tutto tranne l’amore non ha nulla da invidiare a molti classici (per quanto spesso mi si critichino certi accostamenti: uno scrittore resta uno scrittore, non esistono miti irraggiungibili, o non avremo mai persone da poter definire scrittori. Se uno scrittore me ne chiama un altro che appartiene ai classici, concedimi l’accostamento: mi richiama qualcuno, non penso certo sia la sua reincarnazione!)
E per tutto questo e molto altro che scoprirai da solo, Tutto tranne l’amore non può mancare nella tua biblioteca personale.
Buona lettura.