Ho da poco finito di leggere Il giocatore, di Dostoevskij. Forse non è il romanzo più rinomato del famoso autore russo, ma probabilmente è tra quelli che lo descrivono di più.
Mi piace pensarla con Pennacchi, che ha scritto un commento all’edizione in mio possesso: Io comunque non faccio il critico, faccio il narratore e per me Il giocatore è un capolavoro. Non c’è una sola parola di troppo, Tu leggi i primi fatti e immediatamente sei Aleksej Ivanovic, invaghito a morte di questa sciacquetta di Polina che non lo vuole, gli preferisce sempre gli altri. Ti diverti con lui, ti metti a ridere pure, e scorri al volo sopra ogni pagina per arrivare subito all’altra, per vedere come va a finire.
Dostoevskij riesce a divertirti e a farti riflettere con una storia breve e intensa al contempo. Il suo personaggio più riuscito è di certo la nonna Antonida Vasil’evna Taraseviceva, un personaggio rude, imperante e al tempo stesso fragile, che si rivela una maschera teatrale capace di farti sghignazzare il lettore per tutto il tempo che è presente sulla scena.
Mi piace fare una piccola analisi del personaggio protagonista e narrante, Aleksej, che tradisce probabilmente le problematiche dello stesso Dostoevskij. Il gioco, infatti, fu uno dei vizi incontrollati da cui l’autore russo non si staccò mai e che gli causò non pochi problemi.
Da psicologo, mi ha molto colpito la personalità di Aleksej, che mi ha fatto riflettere su uno dei disturbi oggi più diffusi, la dipendenza. Il testo infatti, potrebbe tranquillamente essere ribattezzato da Il giocatore a il dipendente. Aleksej ha infatti una personalità dipendente, evidente nel gioco, più sottile negli affetti. Esempio lampante è il rapporto con Polina, la donna amata e divinizzata.
In questo strano rapporto non vi ho letto amore ma una dipendenza che sfocia nella dipendenza totale, nel servilismo più lampante. Aleksej si annulla di fronte a Polina, si fa non amante ma servo ubbidiente, quasi che nello schiavizzarsi riuscisse a colmare la sua soddisfazione di sé.
Dunque il gioco e Polina diventano due padroni che riempiono un personaggio che si annulla, due beni primari (come l’acqua e dal cibo, elementi che ci rendono dipendenti per sopravvivenza).
Tutto questo mi ha portato inevitabilmente a riflettere sulle nuove dipendenze odierne. Sarebbe interessante vedere come Dostoevskij le descriverebbe oggi, quali storie creerebbe, e soprattutto a quali di queste dipendenze si esporrebbe.
Al giorno d’oggi permangono forti le dipendenze da sostanze (droghe, alcol, tabacco) e quelle da gioco, ma si stanno affiancando dipendenze nuove, come quelle da internet che distolgono la persona dagli affetti reali e addirittura dal lavoro. Per questo ultimo è stato addirittura coniato un nuovo termine, il workaholismo, che richiama l’alcolismo: l’individuo si riempie di lavoro, non tollera il fermarsi, si sente frustrato e in colpa durante la malattia che lo ferma dal lavoro. La società del fare e del correre ha creato una dipendenza dall’agire, piuttosto diffusa, che copre l’assenza di qualcosa o il fuggire da un pensiero disturbante. Per maggiori approfondimenti sul workhaolismo, clicca qui.
Mi piacerebbe aprire un dibattito sulla dipendenza e su Dostoevskij.v Approfitto de Il giocatore per richiederti un’osservazione o un commento, che mi ampli la mia vision sulla dipendenza e su questo apprezzabile autore russo.
Ovviamente, consigliatissima la lettura di questo romanzo 😉