Caro Visitatore,
oggi voglio renderti partecipe di questa bellissima conversazione avuta in privato con la scrittrice Jessica Brunetti, che proprio ieri ho avuto il piacere di conoscere durante una presentazione a Perugia, in cui ho presentato Selvaggia, i Chiaroscuri di Personalità, assieme al libro di Giovanna Albi.
E’ una conversazione che risale a qualche settimana fa, ed è avvenuta attraverso i messaggi privati di facebook, quando lei ha finito di leggere il mio romanzo. Il bello è che stato un dialogo spontaneo, fatto di botta e risposta, che esula dalle interviste pre-costruite.
La pubblico perché amo crescere attraverso gli occhi e le impressioni di chi legge il mio romanzo, e adoro quando un lettore, spontaneamente, inizia a tempestarmi di domande.
Ti stupirà il titolo di questo post: dialogo tra prospettive… Ebbene, risale a un’intervista di Alessandro Vizzino sul portale Giallo Latino, in cui citava me e Jessica, per le prospettive a cui potevamo arrivare, crescendo come scrittori.
Ringraziandolo, gli dedichiamo questo scambio. 😉
Preciso che le domande di Jessica mi hanno fatto riflettere molto, aprendomi… per l’appunto… prospettive nuove da cui osservare il mio romanzo 🙂
Jessica: Ho già letto in fondo al libro che non si tratta di una vicenda autobiografica quindi elimino dalla lista la domanda più banale, classificabile semplicemente come mera curiosità.
Volevo chiederti, tralasciando l’epilogo e il finale che resta aperto, secondo te grazie al sentimento provato per Daniel, Martina ritrova se stessa e in un certo senso si ricostruisce con pezzi suoi e pezzi di Selvaggia (emblematico il look con cui si presenta alla stazione nel diciottesimo capitolo), oppure nasce una persona nuova, insomma che alla fine potrebbe assumere addirittura un terzo nome, per intenderci. Voglio dire, secondo te, il forte sentimento che la lega a Daniel, finisce per plasmare la Martina/Selvaggia perfetta per lui? Si tratta di un’invenzione o di una scoperta della donna giusta per lui?
Giovanni: La mia intenzione era di creare una ragazza nuova, per certi versi reale: la vera Martina, che non ha paura di affrontare il mondo e le relazioni con gli altri, così come fa Selvaggia. Una Martina che conserva il suo aspetto, adattandolo alla sua personalità, ma anche il carattere che finora aveva fatto uscire solo con una maschera. Onestamente sono sempre stato indeciso se usare il termine ricostruire, io direi più costruire: la crisi che passa la ragazza nell’innamorarsi di Daniel, fa sì che nasca qualcosa di nuovo, che è più della somma delle parti precedenti. Ma tu mi hai chiesto della costruzione in relazione a Daniel. Bellissima domanda, tra l’altro: io credo che non sia un’invenzione dedicata a Daniel, cioè che ella non si scopra la donna giusta per il ragazzo, ma la donna giusta per sé stessa, a cui piace principalmente la nuova immagine che vede allo specchio. Daniel fa solo da ponte, se vogliamo, nello scoprire che lei lo ama allo stesso modo, sia come Martina che come Selvaggia.
Jessica: Inoltre, ti pongo questa domanda da mio malgrado completa ignorante in materia di psicologia. Ho sentito parlare del cosiddetto Transfert e mi chiedevo: il rapporto tra Daniel e Martina/Selvaggia, nato più con l’intenzione di curare la ragazza, passami il termine, per poi sfocia in affetto e infine in amore, somiglia un po’ a questo fenomeno? Daniel funge quasi da psicologo per Martina, la quale sotto forma di Selvaggia riesce ad aprirsi interamente a lui. Insomma, sono meccanismi simili?
Giovanni: il transfert è la proiezione di sentimenti e pensieri di una relazione significativa a una relazione attuale. In tal senso sì, c’è un transfert: attraverso i sentimenti che Selvaggia e Martina nutrono per Daniel, spostano le emozioni che nutrono l’uno per l’altra su di lui. Sai che ci rifletto solo ora? Se ci pensi Selvaggia dapprima controlla Martina, come controlla la relazione con Daniel, poi ammette di voler uccidere Martina e scatena poco dopo una violenza inaudita contro Daniel. Infine si innamora di lui, e di conseguenza con lei. Nella relazione con Daniel, c’è continuamente una relazione con sé stessa, che viene analizzata.
Bellissima domanda, grazie, mi hai fatto riflettere su una chiave di lettura nuova.
Occhio, però: Daniel “fa da psicologo” ma in modo completamente ingenuo. Ancora è lontano dall’essere professionale. 😉
Spero di essere stato esaustivo e grazie ancora per queste bellissime domande che mi hanno fatto riflettere tantissimo. Non puoi immaginare quanto sono contento!
Jessica: Son molto felice che le mie parole ti abbiano fatto piacere e soprattutto ti abbiano donato una chiave di lettura nuova. In base alla tua risposta, mi piacerebbe porti un’altra domandina. Tu hai detto che Daniel funge soltanto da ponte nella “nascita” della nuova Martina, in cui appunto si sintetizzano la vecchia Martina e Selvaggia. Mi chiedevo, l’assenza delle personalità divise dopo l’inizio della storia con Daniel, dipende soltanto da lui, principalmente da lui o anche da lui?
Mi spiego meglio. Martina attraverso di lui ha scovato un modo migliore per affrontare la vita e quindi riesce ad andare tranquillamente per la sua strada, oppure in tutto questo processo, Daniel era fondamentale e quindi finita la lo storia d’amore, la “scissione” si sarebbe potuta ripresentare?
Come ti ho detto, puoi tranquillamente non rispondere in quanto si tratta di una domanda stupida che rivolgo più al Giovanni lettore di sé stesso che al Giovanni autore.
Giovanni: Il finale dell’epilogo è lasciato volutamente aperto , perché si possano dare più risposte a questa domanda, e anche io me ne sono date varie. Ho sempre pensato che Daniel sia stato utile per unire le due parti ma non fondamentale per mantenerle. Il finale è aperto anche perché mi sono spesso chiesto se Daniel faccia bene a cercare di curare Martina.
E se lei stesse bene, nel suo lato di Selvaggia? Se la vera Martina fosse Selvaggia? Spiego meglio: Daniel dà per scontato per tutto i libro che Martina sia vera e Selvaggia finta. Ma chi lo ha stabilito? Un pregiudizio su cosa è la normalità e di cosa non lo è, in fondo. Dato che Martina ha una carta di identità che giustifica la sua esistenza nel mondo, allora lei è per Daniel la persona reale.
Ma facciamo finta che si fosse trattato (perdonami il paragone) di un ragazzo che nei suoi panni maschili non stava bene, e finiva per costruirsi un’identità femminile. Non sarebbe stato sbagliato riportare la parte femminile a quella maschile, solo perché quella maschile era nata prima?
Le persone hanno vari modi per stare bene, Selvaggia è il modo di Martina. Se non avesse incontrato Daniel, probabilmente, avrebbe scelto di restare Selvaggia a vita. Mi sono chiesto sul finale: non avrebbe vissuto comunque bene?
Ho voluto lasciare la conclusione in sospeso, per non forzare una risposta e per far sì che il romanzo facesse riflettere su più prospettive possibili.
Non so se mai scriverò un seguito…. non penso di farlo, ma sono ancora in cerca di una risposta anche io su molte cose del romanzo. Perché alla fine è così, te starai accorgendo, forse, anche con Anatema. Ad un certo punto ti sfugge di mano, prende una sua vita grazie a chi lo legge e lo commenta, ti apre nuovi scenari, nuove riflessioni E’ proprio un figlio che cresce e che ti svela a poco a poco la sua personalità.
Jessica: Un’altra domanda al volo. Tu preferisci Selvaggia a Martina? Me lo chiedevo per un flash che ho appena avuto sul titolo della tua opera. Per te che non sei l’anagrafe, esiste forse più Selvaggia che Martina?
Giovanni: Eh! Da lettore Martina, specie nella nuova veste, da scrittore decisamente Selvaggia: era troppo divertente descriverla!
Jessica: E quando scrivevi, ti immedesimavi in un personaggio in particolare? (non intendo se ti sentivi simile a lui, ma semplicemente se ti sembrava di entrare nella sua testa… non so se mi sono spiegata) a me succede con tutti! Se un personaggio maschile del mio libro ama una donna, mentre scrivo mi ritrovo ad amarla anch’io! e viceversa!
Giovanni: sì, con Daniel, è sempre stato il mio sé ideale: sa fare tutte le cose non so fare io. suonare la chitarra, andare in motorino, avere sempre la parola giusta. E che figo, anche a me succede! Ero cotto di Selvaggia!
Jessica: Che disastro! I periodi che scrivo son sempre fra le nuvole ho il cervello in palla poi non so, io ho un modo di scrivere un po’ visionario… che ne so, sto lavando i piatti con la musica nelle orecchie e di botto sento un mio personaggio parlare con un altro e mi ritrovo davanti una scena da inserire nel libro qua altro che psicologi, son proprio da ricovero
Uno scambio bellissimo quanto spontaneo, accattivante proprio perché naturale, tra due ragazzi dal futuro aperto a mille rosee “prospettive”… 🙂 Bravi, davvero felice di avervi letto.
Continuate così, bravi!